“150 anni della Virtus, incontro col campione Renato Villalta”
Una serata promossa da Edda Molinari, presidente del Rotary Club Bologna Sud, ha riunito i dieci club del Gruppo Felsineo su piattaforma Zoom per incontrare Renato Villalta, grandissimo campione della pallacanestro e protagonista di indimenticabili pagine di gloria sportiva, ospite d’onore dell’incontro per celebrare e festeggiare i 150 anni della Società per l’Educazione Fisica Virtus, polisportiva nata a Bologna nel 1871 e che è parte della Consulta tra Antiche Istituzioni Bolognesi, della quale due soci del R.C. Bologna Sud, Roberto Corinaldesi e Gianluigi Pagani, sono rispettivamente coordinatore e vicecoordinatore.
Alla presenza del governatore distrettuale Adriano Maestri e di illustri ospiti, tra i quali Cesare Mattei, presidente della SEF Virtus, Daniele Fornaciari, presidente della Fondazione Virtus, Mario Ghiacci, presidente di Allianz Pallacanestro Trieste ed ex giocatore del Gira Pallacanestro Bologna, il giornalista Luca Corsolini curatore di Virtus 150, ha condotto la serata intervistando Renato Villalta e introducendo, con acutezza e con passione, i vari temi che sono stati trattati attraverso ricordi storici, considerazioni di natura sociale e aneddoti significativi.
L’ospite d’onore Renato Villalta è stato indimenticabile protagonista di un periodo eccezionale della pallacanestro italiana, in particolare di quella bolognese della quale è stato volto e simbolo indiscusso per oltre un decennio, ed ha giocato con la maglia della Virtus dal 1976 al 1989, vincendo tre volte il Campionato e due volte la Coppa Italia, mettendo a segno oltre 7.000 punti.
Renato Villalta per la Virtus non è stato solo un eccelso campione sul rettangolo di gioco, ma è stato, e nell’animo dei sostenitori lo è sempre, il simbolo e l’essenza della V nera per la quale ha rappresentato la figura del fuoriclasse che suscita l’entusiasmo e guida la squadra. Non è un caso che dopo la sua rinuncia all’attività agonistica la Virtus abbia deciso di ritirare la sua maglia con il numero 10, così consegnando alla leggenda il protagonista di un’avventura sportiva irripetibile.
Gli anni in cui Villalta primeggiava sul parquet erano quelli in cui “andare a palazzo”, come diceva chi si recava ad assistere alla partita di basket, costituiva un rito, sapientemente organizzato dal presidente della Virtus Pallacanestro avv. Gianluigi Porelli, che con attenzione proverbiale curava nei dettagli l’immagine della squadra, porgendo attenzione financo a particolari quali il taglio e la rasatura della barba e dei capelli, che dovevano offrire un aspetto costante nel corso dell’intera annata sportiva. La partecipazione cittadina alle vicende virtussine era collettiva e la gioia delle vittorie era manifestata in trionfali accoglienze, indelebili nel cuore e nella mente di Villalta che le ricorda con sincera profonda emozione, tributate ai giocatori dalla folla assiepata in Piazza Azzarita.
La Virtus era soprattutto uno stile di vita fondato sul rispetto per le regole e sulla lealtà; anche per questo, quando si è trovato anni dopo a presiedere la società, Villalta ha voluto che dieci posti di parterre fossero sempre a disposizione degli ex giocatori, perché i giovani potessero conoscere il passato e, vedendolo reale e concreto nelle persone che avevano fatto la storia, assumerlo come base per il futuro e per la loro vita.
Accanto alle esperienze sportivamente più esaltanti vanno conservati nella memoria, alla quale ritornano, anche i piccoli fatti della quotidianità, della disciplina necessaria per essere un campione, non bastando la complessione fisica, o la naturale attitudine, senza l’allenamento fatto con passione e con slancio per coltivare e migliorare le proprie doti: sollecitato in proposito da Mario Pantano, del R.C. Bologna Valle dell’Idice, Villalta ha ricordato con un sorriso i lunghi e monotoni giri di corsa imposti a chi superava il peso forma nella pista sotterranea e malamente illuminata che circonda il Palazzo dello Sport di Bologna.
Con inalterato spirito di sincerità e di accettazione dell’impegno, Villalta continua tuttora a sentirsi un atleta, vivendo accanto all’attività professionale esperienze di pratica sportiva, dedicandosi quale amatore alla maratona, una corsa interminabile che nasconde sorprendenti insidie anche mentali e richiede l’impiego di tutte le fibre del corpo; al termine della sua prima maratona — racconta Villalta aprendo il proprio animo agli ascoltatori — gli successe di piangere irrefrenabilmente per la intima sensazione di avere superato se stesso, come forse non era mai stato prima, di avere ricavato dalla aspra durezza della prova la consapevolezza della possibilità di tagliare traguardi che, negli attimi in cui si presentano, non appaiono avvicinabili, ma che divengono tali passo dopo passo, facendo ricorso solo alle proprie capacità interiori, scoprendo alla fine la profonda bellezza della leale competizione condotta vittoriosamente con se stesso.
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La SEF Virtus — la cui storia, opportunamente proposta da Luca Corsolini, ha fatto da cornice all’epopea sportiva di Renato Villalta — è sorta poco dopo l’Unità d’Italia per iniziativa del medico Emilio Baumann, illuminato sostenitore dello sport quale momento per la formazione del cittadino attraverso la cura del corpo, la sana competizione individuale e la partecipazione al gioco di squadra; con particolare intuizione Emilio Baumann fu, inoltre, tra i primi ad estendere alle donne l’applicazione delle proprie idee, coinvolgendole fin dall’inizio nelle attività del sodalizio e sollevandole dalle limitazioni e dalle costrizioni che in quell’epoca erano considerate necessarie per lo sviluppo e la cura fisica del corpo femminile.
Aspetto caratterizzante della Virtus si è rivelata la diffusione sul territorio attraverso le molteplici sezioni che, impegnate nella maggior parte delle diverse discipline sportive, hanno posto la sede in tutti i quartieri e le zone della città. Attualmente sono attive le sezioni di ginnastica, atletica leggera, tennis, baseball, calcio, scherma e basket; presso molte di queste sezioni è ancora in uso l’antico stemma della società dove, accanto alla più conosciuta V nera, appare il primo simbolo ad essere stato scelto, formato da quattro “effe” disposte a croce romana, iniziali di “forte, franco, fermo e fiero”, indicative delle quattro virtù che il buon ginnasta doveva possedere.
La mostra fotografica organizzata in questo periodo dalla SEF Virtus illustra, attraverso le immagini di luoghi simbolici e di illustri personaggi che hanno lasciato traccia nella storia sociale, i successi ottenuti e dimostra come l’attività sportiva, secondo l’idea di Emilio Baumann, si coniughi con lo sviluppo dell’uomo nella sua interezza.
Non è un caso, infatti, che come logo per questa celebrazione sia stata scelta una frase del Cardinale Matteo Maria Zuppi “Avrà un futuro chi non avrà paura del futuro”, per significare l’intento di estrarre dalla consapevole memoria del passato la spinta e la forza per andare avanti, sempre rivolti verso quell’arricchimento interiore del quale il risultato sportivo può essere utile strumento.
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La narrazione delle esperienze personali di Renato Villalta e il suo esempio di atleta e di sportivo, oltre al racconto storico di Luca Corsolini, mostrano — ha concluso il presidente Edda Molinari — una speciale comunanza etica e di ideali tra il Rotary, che ha tra le sue vocazioni e i suoi obiettivi le relazioni tra le persone e l’attenzione per i giovani, e la SEF Virtus, società storica presso la quale vengono praticati e sviluppati i valori dello sport, valido ed efficace veicolo per l’evoluzione e la crescita integrale della persona umana.