Di che cosa è fatta Bologna: i materiali della nostra città
Di cosa è fatta Bologna? Quali materiali costituiscono le principali architetture della città turrita? E perché si sono usati proprio quei materiali? Durante l’incontro, organizzato dal Rotary Club Bologna Valle del Savena nella prima settimana di febbraio, presieduto da Giancarlo Carini, si è data una esaustiva risposta a questi quesiti grazie al contributo di Arturo Piana, imprenditore ed esperto di restauri, nonché socio del Rotary e-club. L’imprenditore ha posto l’accento sul fatto che i grandi canali di comunicazione fluviali bolognesi, come il Navile, hanno favorito un notevole commercio di materiali da costruzione su tutto il territorio bolognese, come la pietra d’Istria, che ritroviamo nella Basilica di S.Petronio, la pietra classica veronese, rossa o bianca, così come i basolati della via Emilia che provenivano dai Colli Euganei. Nel momento in cui il centro della città si ridusse alle sole mura del teatro, costituite da selenite, le aree esterne sono state costruite con materiali di riuso che, ancora oggi, possiamo notare nel pozzo all’interno del Monastero del Corpus Domini costruito con una macina di un mulino per la spremitura delle olive oppure osservando una mola incastonata sulle mura di Porta d’Azeglio. L’affascinante storia dei materiali utilizzati in un periodo in cui si guardava anche al costo, ci porta a riflettere sull’importanza dei ciottoli, materiale che oggi ritroviamo nelle fondazioni della Basilica di S.Domenico, all’interno delle torri bolognesi, nei rifugi e nelle pavimentazioni di importanti strade. Anche la selenite e il gesso hanno dato il loro contributo nel soddisfare la voglia di marmo che Bologna ha sempre avuto perché ne era sprovvista. Tali materiali, infatti, creano effetti cromatici e finiture particolari tali da simulare il marmo. Un importante ruolo è rivestito dall’argilla che dà un notevole contributo all’architettura “rossa come il cotto” di Bologna. Studiare un territorio attraverso i materiali che lo compongono è uno stupefacente viaggio che porta a vedere i luoghi comunemente vissuti in un’altra ottica, l’ottica della salvaguardia del patrimonio artistico al quale il Valle del Savena è stato ed è particolarmente sensibile nelle sue attività di service.